E come padre ho promesso a mio figlio di scrivere un racconto in cui una persona fa giro giro tondo per cinquanta volte, e gli ho detto che sarà una storia d'amore. Ci provo qua.
Allora siamo tutti pronti e lei mi tiene la mano destra e lei, l'altra, mi tiene la sinistra, c'è un sole abbacinante e devo stare con gli occhi chiusi, sorrido e sento che lei mi tira e urla giro giro tondo e io rido e inizio a girare con lei e con l'altra mano tiro lei, cioè l'altra, che mi tiene stretto e anche lei urla, giro giro tondo, e poi aggiunge che casca il mondo e io penso il mio di mondo casca, con queste due che mi tengono per mano e non mi lasciano mi stringono e io non le vedo, tengo gli occhi chiusi, mi lacrimano per il piacere, cerco di lasciare le loro mani e di cadere per terra, dico anche a bassa voce, tutti giù per terra, ma quelle non mi lasciano, non ci pensano nemmeno e urlano di nuovo, giro giro tondo, è già il secondo giro e ancora non so che al cinquantesimo arriveremo sul bordo della scogliera e mi sentirò mancare la terra sotto ai piedi e crolleremo d'amore fino nel più profondo del mare, ancora questo non lo so, so solo che quella che mi tiene la mano destra e che ora urla tutti giù per terra e non cade, e non crolla per terra ma ritorna a urlare giro giro tondo, e mi tira, e io intanto tiro l'altra, lei si chiama marina ed ha un orecchio mozzato che nasconde sotto i capelli di un rosso tramonto, come quello che ci dovrebbe essere adesso e non vedo perché piango, ho gli occhi bagnati e giro e non cado ancora, e tiro l'altra che si chiama marisol, ha i capelli neri e un odore di alga bruciata da un sole troppo veloce, ha le dita piccole e nodose e mi tiene stretta nervosa, ha paura di essere lasciata e siamo già al quinto o al sesto giro giro tondo e io dico, tutti giù per terra, dico anche, vi prego, lo sussurro, ma quelle riprendono giro giro tondo e saremo almeno al settimo e a me gira la testa, le vedo ieri, le ricordo voglio dire, quando le avevo vicine e ho avvicinato la mia bocca, con le labbra spaccate dal sole, le labbra le ho avvicinate a quella di destra, o quella di sinistra, e ho lasciato un piccolo segno di sangue su una delle guance di quella di destra, non ricordo se la guancia destra o la sinistra, un piccolo segno come di rossetto, e poi le labbra, le stesse di prima le ho avvicinate a quella di sinistra, o forse era quella di destra, e ho fatto anche lì un piccolo segno, un bacio forse o una promessa di bacio, una ferita che però resta fuori dalla pelle, sopra, in superficie, in una delle due guance, potrebbe essere la destra o la sinistra o l'opposto se prendiamo come punto di osservazione il mio, sbalordito, innamorato, cieco, o il suo, la sua prospettiva in prima persona che mi fissa e poi fissa lei, l'altra, con il suo segno uguale sulla stessa guancia, o l'opposta, come uno specchio che rimanda la tua immagine, ma speculare al quadrato, come se la tua vita fosse tutto uno squadernamento di quella di quel tuo doppio che ti fissa come una scema, innamorata anche lei o forse solo rabbiosa e affamata di quella mia bocca semiaperta e di quelle mie mani che ora, adesso, sono strette dalle loro che dicono per la decima o ventesima, ho perso il conto, comunque non più di cinquantesima, dicono ancora giro giro tondo e mi trascinano ancora in cerchio, verso il punto di non ritorno, la punta del promontorio che qualche ora fa mi hanno indicato da lontano dicendomi, andiamo lì, dai, a vedere il tramonto fino alla fine, e mi ci hanno portato, tirandomi e spingendomi con i loro sorrisi e le loro risate strane e dolorose, come quelle delle sirene che vedono i propri uomini schiantarsi sugli scogli delle proprie pinne rocciose e avvicinano le loro bocche da pesce e iniziano a trangugiare quella carne calda e rossa, tutti giù per terra dicono, adesso e mi tengono e mi tirano e io crollo con le ginocchie a terra, ma loro mi reggono, mi trascinano, non mi fanno nemmeno toccare la terra, il prato, sento le loro mani calde, sudate, le unghie conficcate nella mia carne, le dita lunghe attorcigliate attorno al mio polso, sento che dicono ancora, saranno decine e decine di volte che lo sento, giro giro tondo, e penso, mi dico se lei mi tiene la mano destra, e l'altra mi tiene la sinistra, la sua destra, dico dell'una, adesso starà allacciata alla sinistra, dico dell'altra, voglio dire, le loro mani che non mi toccano adesso si staranno stringendo fra di loro, la loro pelle femminile, bagnata dal salmastro, sarà stretta compatta alla pelle femminile, saranno un allaccio di razza che passerà il loro calore di donne e di ragazze e di femmine, il sudore caldo di marina starà legandosi con quello unto e nervoso di marisol, e ne nasceranno legami chimici nuovi e inaspettati capaci di qualunque cosa, ed è in questo momento che dicono tutti giù per terra, per la cinquantesima volta, e la terra non c'è più e facciamo un urlo silenzioso, vuoto, immobile, per tutto il precipitare della scogliera.